Lasciando da parte, per un attimo, le elezioni amministrative di Frosinone e rivolgendo l’attenzione agli scenari di tutta Italia,
salta agli occhi l’indiscutibile vittoria del partito astensionista . I
cittadini che hanno deciso di astenersi dalla scelta del
sindaco sono pari il 40% degli aventi
diritto.
Interpretare questo fenomeno non è cosa semplice. Provo a dare una mia
valutazione. Sulla base dei dati raccolti dell’Istituto Cattaneo, risulta
che negli ultimi 25 anni, cioè da quando è in vigore il modello iper maggioritario per l’elezione
diretta del primo cittadino, la
partecipazione elettorale è crollata dall’82% al 60% attuale .
Il depotenziamento ideologico dei partiti,
determinato dalla sciagurata stagione maggioritaria, che ha fortemente
personalizzato il consenso, si è manifestato in modo ancora più significativo nelle
contese locali. I programmi presentati per le amministrazioni delle città si
sono concentrati maggiormente sulla promozione personale del candidato sindaco.
Progetti determinati non già da finalità di buon governo del comune,
cosa che presupporrebbe approfondite analisi sulla natura urbanistica, sociale
ed economica del territorio, ma da mero
marketing elettorale. Come è noto le regole della comunicazione commerciale
sono ferree , per cui paga di più promettere la costruzione di uno stadio piuttosto che la progettazione di
un parco fluviale.
Su queste basi le proposte dei candidati a sindaco si sono
rivelate più o meno simili, determinando un appiattimento dell’offerta
politica. Non avendo alternative concrete a programmi finalizzati esclusivamente
all’ottenimento del consenso, i cittadini più consapevoli e maturati nell’alveo
di una solida cultura ideologica e politica,
hanno preferito disertare le urne. Allo stesso modo l’irrilevanza delle
opposizioni determinata dalla legge iper maggioritaria per l’elezione del sindaco, ha limitato ulteriormente la partecipazione al voto, e alla stessa
campagna elettorale.
Tornando nella
nostra città notiamo, però, che il fenomeno dell’astensionismo è in netta controtendenza rispetto al dato nazionale. A Frosinone hanno votato il 72,5% degli
aventi diritto, la percentuale più alta per i comuni capoluogo, insieme con
Rieti e Catanzaro. Finalmente una notazione positiva, dopo tanti guai che hanno contraddistinto negativamente la
nostra città. Le ultime elezioni
amministrative hanno mostrato che il senso democratico dei frusinati è granitico. Sarà vera gloria?
Sempre dallo studio dell’Istituto Cattaneo si
rileva che nei 25 anni di contese locali regolate dalla legge elettorale del “sindaco podestà”,
e in modo più significativo nell’ultima tornata amministrativa, il calo di partecipazione si è registrato
maggiormente nei territori in cui più
forte era il radicamento dei partiti storici connotati ideologicamente. E’ il caso, ad esempio, di quelle che una
volta erano definite le "città rosse". In altri comuni, invece, la partecipazione
è ancora elevata. Ciò perché qui resta imperante una estesa rete di
grandi e piccoli notabili, campioni di preferenze, in grado di portare al voto gli
elettori grazie ad incentivi localistici quando non clientelari.
Credo di non sbagliare inserendo Frosinone nella
schiera di questi comuni. La storia della recente campagna elettorale lo
dimostra inequivocabilmente. Il sindaco vincente ha assoldato in 9 liste 281
candidati, per lo più appartenenti al sottobosco del notabilato borghese della
città. Recettori di quel voto incentivato da interessi personali, assolutamente
privatistici, che con il bene comune del capoluogo non hanno nulla a che
fare. Nelle ultime amministrative il fenomeno è emerso più prepotentemente che
in passato , ma è facile constatare come esso sia ormai storicamente consolidato.
Anche
le giunte
precedenti,infatti, sono state elette
secondo le medesime dinamiche privatistiche e familistiche Considerato che la storia degli
ultimi 15 anni ci consegna una città
sempre più in caduta libera, con livelli di inospitalità, abbandono, degrado drammaticamente
elevati, consegue che questo modo di eleggere le
amministrazioni frusinati è devastante.
Per cambiare veramente verso e orientare le vele al vento di una riscossa sociale, culturale e ambientale
è necessario disarticolare la rete dei notabili di piccolo cabotaggio e
disconnetterla dal corpo elettorale. E’
una rivoluzione culturale difficile perché si tratta di educare i cittadini ad
un voto consapevole, che veda al centro della scelta il bene della città e non
il proprio tornaconto. Una rivoluzione difficile che si scontra con decenni di
oscurantismo democratico.
La vera novità
di queste elezioni a Frosinone, però, è
determinata proprio dal fatto che forse, per la prima volta, sono entrati in
consiglio tre esponenti (Bellincampi ,Mastronardi del Movimento 5 Stelle e Stefano Pizzutelli
della lista Frosinone in Comune) la cui campagna elettorale si è basata fra l'altro, sulla
denuncia del voto privatistico familistico.
Forse è l’inizio di un cambio di
rotta. Ma l’impegno nel solco di questa
rivoluzione culturale, è al limite dell’impossibilità. Sta
ora alle forze che hanno eletto i tre
consiglieri e ad altri movimenti attivi
nel capoluogo cercare di portare avanti questa rivoluzione a cominciare da
domani. In consiglio comunale, ma soprattutto nella piazze della città.
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