Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 5 ottobre 2010

Il 9 ottobre davanti ai cancelli fiat

il volantino nazionale del Pdac per la manifestazione del 9 ottobre a Torino promossa da Usb

Nel 1919-1920 (Biennio rosso) ci fu in Italia un’ondata di lotte rivoluzionarie. La scintilla partì dai metalmeccanici. Tutto era partito da uno scontro sindacale (per una richiesta di aumento salariale) ma ben presto la lotta si allargò. Settembre 1920 segnò il momento più alto della lotta: gli operai occuparono le fabbriche nel cosiddetto triangolo industriale:Milano–Torino-Genova. A Torino l’ufficio di Agnelli diventò la sede del comitato di occupazione e in alcune fabbriche, tra cui la Fiat, la produzione continuò, dopo aver cacciato padroni e dirigenti, sotto la direzione dei Consigli operai che ebbero un potere reale e che presero il posto delle “commissioni interne”, che erano costituite da elementi opportunisti scelti dalle burocrazie sindacali.
Grandi manifestazioni paralizzarono il Paese. Nel settembre 1920 la classe operaia italiana aveva assunto il controllo delle fabbriche e degli impianti ma fu sconfitta a causa dell’assenza di un sindacato di classe e di un partito rivoluzionario. Il padronato poté contare molto poco sulle truppe dello Stato che, infatti, passarono in gran numero con gli insorti ma poté contare sui dirigenti riformisti del Psi (Partito Socialista Italiano) e della Cgil. A causa del riformismo dei dirigenti e delle burocrazie sindacali, che frenarono la presa del potere operaio in cambio di un cospicuo aumento salariale e di altre concessioni che i padroni erano disposti a pagare pur di non perdere tutto, e a causa soprattutto dell’assenza di un’organizzazione che fosse realmente in grado di consolidare la vittoria, la classe operaia venne ricacciata indietro e la sua sconfitta spalancò le porte al fascismo. Il fascismo rappresentò la vendetta della borghesia che era stata sfidata, e la sconfitta della classe operaia diventò la sconfitta di tutto il proletariato e delle masse popolari italiane.
 
Oggi, 9 ottobre 2010, siamo a Torino, chiamati dal sindacato di base Usb
per “respingere l’attacco squadristico in atto contro tutti i lavoratori”
 
La crisi internazionale del capitalismo pone di fronte alla classe operaia e a tutti i salariati, in ogni luogo di lavoro, la necessità di rispondere all’attacco del padronato e del governo che agiscono per confermare e per aumentare i lauti profitti di capitalisti e banchieri, scaricando la crisi del sistema sulle masse popolari. E’ tempo di ricostruire l’unità dei lavoratori (da Castellammare di Stabia a Marghera, da Pomigliano a Torino, dal mondo della fabbrica a quello della scuola, dagli ospedali ai call-center, dai lavoratori pubblici ai lavoratori immigrati di Rosarno) affinché si moltiplichi la coscienza del fatto che la stragrande maggioranza della popolazione sta mantenendo una manciata di sfruttatori capitalisti. Questa manciata di sfruttatori deve essere spazzata via dalla storia dell’umanità: cominciamo a farlo con gli scioperi, i blocchi, le occupazioni ad oltranza.
Anche per questo, anche il 16 ottobre saremo in piazza a Roma al fianco degli operai della Fiom: per strappare i lavoratori all’influenza nefasta delle direzioni sindacali opportuniste – come quelle di Cisl e Uil, ma anche della Cgil – occorre essere al fianco dei lavoratori che ogni giorno vengono traditi dalle burocrazie dei loro sindacati, per guadagnarli alla costruzione di quel grande e unico sindacato di classe che ancora manca.
Facciamo tesoro del passato e, imparando anche dalla sconfitta della coraggiosa lotta della classe operaia italiana del 1920, costruiamo il sindacato di classe e il partito rivoluzionario, indispensabili strumenti per difendersi dall’attacco del padronato e per vincere.


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