L’ordine del
giorno presentato dai consiglieri della regione Lazio Buschini e Bianchi
riguardante il possibile accorpamento dell’ASI e del COSILAM in un’unica
struttura, rappresenta un provvedimento che, se venisse attuato, determinerebbe
di fatto la chiusura del COSILAM dopo 11 anni di attività. Un provvedimento
certamente dovuto alla politica di contenimento delle spese che la Regione si
appresta ad attuare in ragione degli oltre 300 miliardi di debiti accumulati in
anni di cattiva gestione di finanza pubblica. Da questo punto di vista un
simile provvedimento è condivisibile soprattutto in virtù dell’attuale
situazione di crisi della regione e della nazione tutta. Ma a questo punto ci
chiediamo se può bastare una politica volta a contenere senza però investire
sullo sviluppo. Premesso che una struttura come il COSILAM, provando a fare un
bilancio, è servita soltanto a qualche assunzione di natura clientelare e alla
costruzione di alcune rotatorie nell’ambito della viabilità industriale, perché
non pensare finalmente a riqualificare l’intera struttura prima ancora che
pensare al suo accantonamento? Noi riteniamo che ci siano margini per
intervenire, magari provando ad allargare le competenze territoriali fin verso
il litorale del basso Lazio. Occorre inoltre sollecitare l’ente verso una
svolta per quel che concerne gli obiettivi da raggiungere, che dovrebbero
essere molto più ambiziosi di quelli proposti in questi anni. Trovare quindi nuovi
modelli di produzione, curare la ricerca tecnologica nonché tentare di
agevolare un proficuo collegamento internazionale verso le economie emergenti.
Garantire sostegno e consulenza ai piccoli imprenditori ed artigiani del
territorio, che a volte, benché professionisti eccellenti nel proprio settore,
si trovano in seria difficoltà dinanzi al muro del nostro sistema burocratico,
come, ad esempio, nel caso in cui si tenta di accedere ad
un finanziamento. Senza questo slancio innovatore, l’ASI e il COSILAM,
accorpati o no, continueranno a rimanere una zavorra. Noi comunisti ci
appelliamo alla Regione Lazio affinché provveda finalmente ad attuare una
svolta che tenga in conto anche, se non soprattutto, lo sviluppo del settore
industriale della nostra provincia.
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