In un uggioso
pomeriggio del novembre 1936, dall’imponente radio che troneggiava sul mobile più prezioso
della sala, la propaganda fascista si alternava a programmi di musica commerciale.
Fra uno sfrigolare, e un proclama del
duce, dall’altoparlante incastonato in una solida scatola di legno si
diffondevano armonie e melodie orchestrali, a volte banali, a volte intriganti.
Era l’orchestra Cetra diretta dal maestro Pippo Barzizza che dagli studi EIAR di Torino,
allietava gli ascoltatori con brani di grandi successo. I componenti del gruppo
diretto da Barzizza erano fior di musicisti. Molti di loro, al pari del direttore, erano stregati dai ritmi sincopati
che giungevano dagli Stati Uniti. Due eccellenti sassofonisti come Marcello Cianfanelli
, Sergio Quercioli, il trombonista Beppe
Mojetta e il pianista arrangiatore Ezio Gheri erano fra questi.
In realtà di
jazz da quell’altoparlante incastonato nella scatola di legno ne usciva ben
poco. Questa musica era considerata dal regime come espressione demo-plutocratica-massonica
e dunque vietata. Nonostante l’ostracismo fascista , Barzizza riusciva ogni tanto ad intrufolare
nella programmazione qualche standard jazzistico, avendo l’accortezza di
tradurre i titoli dei brani in Italiano e di attribuirli ad autori, dal nome chiaramente autoctono.
Ad
esempio qualche volta si potevano ascoltare pezzi come il classico di Woody Herman “At the Woodchopper’s Ball”, solo che veniva
presentato con il titolo “Al ballo del
taglialegna” e il suo autore era Giovanni (Joe) Venuti, il violinista italo
americano che mai avrebbe pensato gli sarebbe stata attribuita la paternità del brano di Herman. In realtà i gerarchi non
riuscivano neanche a distinguere un brano di jazz. Si poteva suonare di tutto,
basta che il titolo fosse in italiano e l’autore non fosse americano ed ebreo.
Negli anni fra il 1936 e il 1942 l’orchestra fu molto attiva sia nelle esecuzioni radiofoniche che nelle incisioni di dischi. Sedute nelle quali Barzizza e i suoi orchestrali
accompagnavano i cantanti dell’EIAR, veri e propri divi della radio. Molte di
quelle esibizioni non avevano nulla di particolare,
la solita sdolcinata e sbarazzina sequenza armonica a far da sfondo ad una
melodia spesso banale. Ma fra i molti
cantanti che si esibirono con l’orchestra Cetra, il trio delle sorelle
olandesi Leschan (Lescano era il nome italianizzato) si distaccò non poco dal
solito mieloso clichè.
Sandra, Giuditta e Caterinetta, questi i nomi delle ragazze , possedevano innegabilmente, un tratto
particolare nel loro modo di rendere la
melodia, vogliamo chiamarlo swing? Adriano Mazzoletti nel suo libro “Il jazz in
Italia” (Laterza) cosi descrive lo stile
del trio: “Le Lescano non furono
certamente delle cantanti di jazz, ma possedevano un certo senso del ritmo
(Sandra e Giuditta erano state ballerine) e riuscivano a copiare in modo
discreto le Boswell Sisters ( un trio vocale femminile, originario dalla
Lousiana, che negli anni ’30 imperversava nei locali e nei teatri americani
ndr). Le sorelle Lescano hanno
rappresentato per l’Italia di allora qualcosa di particolare, diverso: quel
sottile senso dello swing, quel loro modo di dividere la melodia (così
differente da quello dei loro colleghi) quelle voci quasi infantili, ma
accattivanti, quel loro accento mitteleuropeo (ma che risentiva dell’influenza
americana), le fecero amare da un pubblico a cui piaceva la musica swing”.
Sandra Giuditta e Caterinetta Leschan, nate rispettivamente nel 1910,1913 e
1919, la prima a Gouda le altre a L’Aja, erano cattoliche, ma con una madre
ebrea. E nel periodo delle persecuzioni razziali, passarono momenti molto
difficili.
Ricorda Sandra,in un’intervista rilasciata a Mazzoletti: “Siamo arrivate a Torino nel 1935, eravamo io
mia sorella Giuditta mia madre,
Caterinetta aveva 15 anni ed era in collegio ad Amsterdam. Insomma arrivammo in
Italia con un contratto come ballerine. Mia madre era una cantante che aveva
sposato un musicista di origine ungherese. A Torino incontrammo, quasi per
caso, il maestro Carlo Prato che ci sentì cantare ed ebbe l’idea di formare un
complesso vocale. Facemmo venire anche Caterinetta e nacque un trio sul tipo
delle Boswell Sisters. Quando facemmo l’audizione all’EIAR venimmo scartate perché
la nostra dizione non era piaciuta ai
dirigenti che ci invitarono a riprendere il nostro mestiere di ballerine. Ma
tempo dopo, fummo invitate alla Cetra per incidere il nostro primo disco. L’EIAR
ci richiamò. La nostra prima
trasmissione venne fatta sotto la direzione
del Maestro Petralia. Nel 1936 cominciammo a cantare con Barzizza, poi con
Angelini, ed incidemmo tanti dischi con queste orchestre, con Funaro e con
tanti cantanti dell’EIAR. Dopo la
promulgazione delle leggi razziali fummo costrette a nascondere nostra madre (era ebrea ndr) E malgrado fossimo cattoliche, avessimo italianizzato il nostro nome
in Lescano, avessimo preso anche la nazionalità del paese che ci aveva dato la
celebrità, ci fu qualcuno che per interesse, ci denunciò ai Tedeschi. Erano tre
ragazze che volevano prendere il nostro posto e che avevano formato un trio
vocale. Fummo costrette ad andarcene e a nasconderci”
Fra i tanti dischi incisi dalle
Lescano, sia da sole che insieme ad altri cantanti, se ne possono citare alcuni
orientate verso un’impostazione prettamente swing: St. Louis Blues, Tuli-Tulip-time, C’è un’Orchestra Sincopata, Danza con
me, Non sai tu (con un assolo del sassofonista Marcello Cianfanelli, che
era all’epoca geloso fidanzato di Giuditta) .
Nell’immediato dopoguerra le Lescano si trasferirono in Sud America. Si
sposarono, Giuditta e Caterinetta rimasero in Venzuela , Sandra tornò a Parma con suo marito, per poi trasferirsi a
Salsomaggiore .
In quell’uggioso
pomeriggio di novembre del 1936, dall’imponente radio che troneggiava, sul
mobile più prezioso della sala, il prorompente swing del trio Lescano, accompagnato
dall’orchestra Cetra del maestro Pippo Barzizza, illuminava l’oscuro scenario gonfio di nubi e della tensione alimentata
dalla propaganda fascista. Un raggio di luce musicale nel buio dell’odio razziale.
Nessun commento:
Posta un commento