Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 24 marzo 2011

Viva la rivoluzione araba!

Dichiarazione della Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale


Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha votato una zona di non volo ("no fly zone") per la Libia. Questa misura fa parte della risposta dell'imperialismo contro il processo rivoluzionario in Nord Africa e nell'intero Medio Oriente. Per l'imperialismo, l'avanzare della rivoluzione araba è una minaccia molto grave, poiché mette in discussione un pilastro centrale dell'ordine mondiale, la zona in cui si trovano le fonti di petrolio e di gas più importanti del mondo e perché minaccia l'esistenza dello Stato di Israele, il gendarme militare dell'imperialismo in Medio Oriente.
Di fronte al fatto che le rivoluzioni non si fermano, minacciando di estendersi anche all'Arabia Saudita, l'imperialismo ha deciso di intervenire militarmente e contenere il processo ad ogni costo, prima di perdere completamente il controllo. Per ciò, dopo discussioni ed esitazioni, ha votato per un intervento militare in Libia. Ciò è parte di un contrattacco militare coordinato su più fronti, sotto forme diverse, ma con lo stesso obiettivo.
In Bahrein, dove ha sede la Quinta Flotta degli Stati Uniti, di fronte all'occupazione della Piazza principale della capitale da parte delle masse che minacciavano di rovesciare la monarchia, e con la crisi dello stesso esercito dell'emiro, incapace di reprimere efficacemente, l'imperialismo ha deciso di intervenire attraverso le truppe della monarchia saudita e degli Emirati Arabi Uniti, entrambi suoi agenti fedeli. Nello Yemen, sta stimolando la feroce repressione del dittatore Saleh, che solo questa settimana ha fatto più di 40 morti.
La "no fly zone" in Libia  
In Libia, l'imperialismo ha preso la decisione di intervenire militarmente con le proprie forze e sotto la copertura dell'Onu, decretando una "no fly zone" che diventa di fatto una licenza per l'intervento militare. Ciò significa che le forze armate dell'imperialismo attraverso la Nato sono autorizzate ad attaccare qualsiasi installazione militare in Libia.
Al contempo, preoccupato per l'erosione del consenso provocata dai suoi interventi in Irak e dall'occupazione in corso in Afghanistan, l'imperialismo nordamericano ha cercato di trovare un ampio fronte a sostegno del suo intervento militare, coinvolgendo gli altri imperialismi, e la Russia e la Cina, attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, includendo la stessa Lega Araba. Per fare ciò ha utilizzato come scusa il genocidio scatenato da Gheddafi, visible in tutto il mondo sugli schermi televisivi, con i massacri perpetrati dal dittatore. Ma se fosse vera questa motivazione, come spiegare che allo stesso tempo l'imperialismo appoggia le monarchie dell'Arabia Saudita e del Bahrein e il dittatore dello Yemen che stanno reprimendo e assassinando i manifestanti di questi due ultimi Paesi?
Qual è l'obiettivo dell'intervento imperialista? 
Pertanto, dobbiamo essere chiari: se il pretesto di questo intervento militare, sotto l'ombrello dell'Onu, sono i massacri di civili che compie Gheddafi in Libia, la vera ragione è, approfittando dell'indignazione generalizzata contro Gheddafi, tornare a intervenire militarmente in forma diretta in una regione in cui la rivoluzione araba è in pieno svolgimento e assicurarsi il controllo della regione in un punto critico: la Libia.
Tale è il grado di radicalizzazione dello scontro del popolo libico contro Gheddafi, che l'imperialismo interviene per evitare che la guerra civile si estenda e per impedire che la rivoluzione araba si radicalizzi ulteriormente, sia nel caso di una vittoria militare immediata di Gheddafi, che aprirebbe la possibilità di una guerra di guerriglia, sia nel caso di una guerra civile prolungata in un Paese centrale per l'approvvigionamento di petrolio e che potrebbe generare movimenti di appoggio e incendiare tutta l'area.
Con lo stesso cinismo con il quale lo hanno sostenuto per anni, con cui lo hanno ricevuto nelle capitali europee con cerimonie d'onore, ora che la popolazione si è alzata in armi contro il dittatore, le potenze imperialiste sono passate a un'altra tattica: ritirargli l'appoggio per imporre un soluzione che stabilizzi la situazione e imponga i loro interessi, come hanno fatto in passato con Gheddafi, ma controllando direttamente la situazione. Quello che è cambiato per l'imperialismo non sono stati i massacri operati da Gheddafi: è stato lo scoppio di una rivoluzione e di un'insurrezione armata contro il dittatore sostenuta dalla maggioranza della popolazione: è per questo che l'imperialismo necessita di stabilizzare la situazione.
Ma il governo di Obama è preoccupato anche per la situazione politica e per il discredito degli Usa, tanto nei Paesi arabi come all'interno stesso degli Usa, a causa dell'occupazione dell'Irak e dell'Afghanistan. E' per questo che ha provato, prima di espandere il fronte imperialista, a ottenere l'appoggio dei popoli arabi, e di quello libico in particolare, per questo intervento. Da qui anche l'importanza di assicurarsi il sostegno della Lega Araba alla decisione di decretare la zona di non volo.
La reazione degli insorti
All'inizio dell'insurrezione i ribelli hanno catturato un elicottero con ufficiali inglesi che volevano negoziare con loro, ma li hanno subito espulsi. C'era un'ostilità chiara al coinvolgimento dell'imperialismo nella lotta del popolo libico. L'imperialismo sperava che cambiasse questa situazione, approfittando di un calo del morale del popolo libico per i massacri e le sconfitte militari che hanno dimostrato una netta superiorità di armamenti e equipaggiamenti a favore di Gheddafi. Contro i comitati popolari di lavoratori privi di esperienza nel maneggio delle armi prese all'esercito regolare, ci sono le Brigate Khamis, divisioni ben armate e addestrate che combattono per Gheddafi.
L'imperialismo ha approfittato di un momento, della guerra civile, in cui si è avuta un'offensiva delle truppe di Gheddafi contro le città liberate dai ribelli che avevano perso buona parte delle loro conquiste e si sentivano accerchiati. Questo ha creato un atteggiamento di attesa di aiuti esterni da parte del popolo libico minacciato dai massacri di Gheddafi. Al contrario dei primi momenti, quando i comitati popolari respingevano l'intervento imperialista con striscioni e dichiarazioni, ora ci sono espressioni di sostegno popolare all'intervento dell'Onu, alla "no fly zone", che si sono riflesse anche in striscioni a Bengasi.
Dobbiamo denunciare i dirigenti borghesi libici dell'opposizione, che in gran parte provengono dalle file del governo di Gheddafi, che chiedono di sostenere le decisioni dell'Onu e fanno appello apertamente all'intervento militare imperialista con truppe di terra. Questo dimostra come sono disposti a servire da agenti dell'imperialismo e a tradire la rivoluzione libica.
Noi della Lega Internazionale dei Lavoratori siamo al fianco della rivoluzione libica contro Gheddafi, nonostante la posizione proimperialista di vari dirigenti dell'opposizione. E' da questa posizione che vogliamo allertare i manifestanti di Bengasi: le truppe imperialiste, una volta entrate in Libia, saranno i nuovi occupanti del Paesi e la prima misura che prenderanno sarà disarmare i comitati popolari per assicurare che il governo che si formerà in Libia garantisca gli interessi dell'imperialismo. Anche se entrano con i caschi azzurri dell'Onu il loro compito sarà questo. E chiunque si opporrà sarà represso da queste truppe.
La presenza di truppe straniere servirà a garantire all'imperialismo un controllo sulla Libia come quello imposto in Iraq o in Afghanistan. La conferma di ciò ci viene dal sostegno che l'imperialismo fornisce alla sanguinosa repressione in Bahrein e Yemen e che ha lo stesso motivo di fondo: imporre una stabilizzazione fondata sui loro interessi. Per questo siamo totalmente contro questo intervento e chiamiamo gli insorti a ripudiarlo e a combattere la sua presenza. I fatti hanno prodotto due nemici da combattere contemporaneamente: Gheddafi e l'imperialismo che arriva per controllare il Paese utilizzando la maschera dell'"aiuto umanitario" e della "pace". Inoltre, paradossalmente, l'intervento imperialista serve da scusa a Gheddafi per presentarsi come una vittima, e come "difensore della sovranità nazionale".
Due polemiche
In questo momento ci sono due tipi di posizioni nella sinistra che devono essere combattute duramente: attorno a Fidel Castro, Daniel Ortega e Chavez, gli "amici di Gheddafi", si è formata una posizione che afferma che è necessario sostenere Gheddafi perché l'imperialismo gli sarebbe nemico e perché Gheddafi sarebbe antimperialista. Ma questo è completamente falso: l'imperialismo ha sostenuto Gheddafi, lo ha armato e addestrato negli ultimi anni. Inoltre Gheddafi ha detto ai governi imperialisti, ripetendolo ancora durante i combattimenti, che solo lui avrebbe potuto continuare a garantire gli interessi dell'imperialismo rispetto al petrolio, continuare a combattere il terrorismo di Al Qaeda in collaborazione con le potenze imperialiste e continuare a collaborare funzionando come distaccamento della polizia dell'Unione Europea per impedire che gli immigrati "clandestini" dall'Africa arrivino in Europa.
Gheddafi, che in passato, così come la direzione cubana e quella sandinista, ha avuto duri scontri con l'imperialismo (per poi diventarne un socio) sta reprimendo nel sangue le mobilitazioni popolari, a tal punto che ha provocato una guerra civile.
Ma Fidel Castro, Hugo Chávez e Daniel Ortega stanno dalla parte del genocida Gheddafi in questa guerra. Quei dirigenti, che si dicono rappresentanti della sinistra, continuano a difendere un macellaio che era amico dell'imperialismo. Continuano a negare o a dubitare (parlano di guerra mediatica) che vi siano stati gli attacchi contro i civili e le stragi che pure erano visibili su tutti i mezzi di stampa del mondo, su internet, sulle foto trasmesse dai telefonini, ecc. Peraltro proprio lo stesso Gheddafi ha confermato cinicamente che "ha fatto come Israele a Gaza", ovvero massacri genocidi contro la popolazione civile. La realtà è che Gheddafi e la sua pratica genocida hanno dato argomenti all'imperialismo per intervenire militarmente.
Alcuni sostenitori di questa posizione arrivano a dire che la decisione del Consiglio di Sicurezza conferma la loro analisi. Viceversa dobbiamo guardare al di là delle apparenze: se ora tutti gli imperialismi si risolvono a intervenire, con il beneplacito di Russia e Cina, è solo per garantire gli accordi che avevano con Gheddafi perché lui, per quanto vorrebbe, non è più una garanzia.
L'altra posizione nella sinistra che costituisce una grave capitolazione all'imperialismo è quella di coloro che salutano l'intervento dell'imperialismo come una " difesa dei civili", o come un mezzo "per fermare il massacro". Alcuni si limitano a sostenere la "no fly zone" approvata, altri si spingono a sostenere l'intervento diretto, con truppe "di pace", dell'imperialismo. Questi ultimi confidano nelle truppe dell'Onu come portatrici di "pace". La tesi comune è che per fermare il massacro è necessario fare appello alle istituzioni internazionali.
Ma chi propone come soluzione l'intervento imperialista si dimentica di quale è stato il ruolo dell'Onu in Afghanistan, in Palestina, in Iraq e in tutte le occupazioni presunte "umanitarie". Sono gli stessi che vedono in Obama un volto "più umano": nonostante continui l'occupazione dell'Iraq e dell'Afghanistan e a bombardare il Pakistan.
Si tratta di una posizione nefasta perché cerca di convincere i lavoratori a sostenere un intervento imperialista in Libia che sarà la base per l'occupazione e l'oppressione del popolo libico e un avamposto per attaccare l'insieme delle rivoluzioni arabe. Al contrario, è necessario che nei Paesi imperialisti si sviluppi una forte campagna contro l'invio di truppe, smascherando la campagna che stanno facendo per giustificare l'intervento militare, e mobilitandosi contro i governi che partecipano ai piani di occupazione.
La soluzione: la rivoluzione araba 
L'intervento militare imperialista ha come scopo seppellire la rivoluzione: ecco perché chi sostiene la rivoluzione deve contrastare l'intervento. Il nuovo occupante reprimerà chiunque gli si opporrà.
Alle masse libiche dobbiamo ricordare che la loro rivoluzione è parte della rivoluzione araba e per questo incontra un grande sostegno in Nord Africa, in Medio Oriente e tra i lavoratori di tutto il mondo, soprattutto dell'Europa, dove il rapporto è molto stretto per la presenza di una forte comunità di immigrati arabi e del Nord Africa. E' qui, tra i lavoratori e le masse popolari, che bisogna cercare sostegno. Però è necessario trasformare questa solidarietà, sulla quale può contare in tutto il mondo arabo la rivoluzione libica, in forza di combattimento per sconfiggere Gheddafi con l'azione di massa di tutta la regione. Bisogna chiamare alla più ampia solidarietà con la rivoluzione. Nei Paesi arabi il primo compito è quello di pretendere che i governi ritirino l'appoggio all'intervento imperialista approvato dalla Lega Araba. È necessario chiamare alla solidarietà attiva delle masse arabe, con l'invio di armi e volontari per combattere la dittatura assassina di Gheddafi.
In particolare, nei Paesi in cui la rivoluzione ha avuto un forte sviluppo e che sono vicini alla Libia, come Egitto e Tunisia, è necessario denunciare questi governi per la loro posizione attuale e pretendere che ritirino l'appoggio all'intervento votato dalla Lega Araba, e che rompano con il dittatore Gheddafi facilitando l'invio di appoggi in alimenti, medicinali e armi per gli insorti.
L'esempio della guerra civile spagnola, e di quella nicaraguense per rovesciare Somoza, hanno mostrato che quando si tratta di una guerra civile tra due parti, in cui da una parte c'è una dittatura assassina e dall'altra le masse popolari armate, è possibile che attivisti di tutto il mondo si uniscano per combattere a fianco della rivoluzione, con brigate internazionali di appoggio. Soprattutto nel mondo arabo, che vive una rivoluzione, è possibile organizzare migliaia di lavoratori e giovani perché vadano a combattere contro questa dittatura assassina. Questa forza deve avversare, e deve essere pronta a combattere, qualsiasi intervento imperialista che tenti di dominare il Paese e di schiacciare l'insurrezione.
E' anche urgente l'appoggio alla rivoluzione in Bahrein e nello Yemen. La rivoluzione araba è un processo unico, il risultato in ogni singolo Paese influirà sul risultato d'insieme. Il futuro della rivoluzione egiziana e tunisina si gioca anche lì.

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