Finalmente questo Parlamento si appresta ad occuparsi dell’unica
vera questione che avrebbe dovuto affrontare in base alla sentenza 1/2014 della
Corte Costituzionale. Quel pronunciamento, come molti ricorderanno, sanciva l’incostituzionalità
della legge elettorale , definita
Porcellum , decretando l’illegittimità dell’attuale
Parlamento eletto con quella normativa.
Ad esso si richiedeva di rimanere in carica
esclusivamente per gestire l’ordinaria
amministrazione, in modo da assicurare continuità legislativa, e di definire al più
presto una nuova legge elettorale
rispettosa della sentenza 1/2014.
Come è andata a finire lo sappiamo. Il
Parlamento, illegittimo, ha legiferato ben poco, lasciando al Governo la responsabilità
di una mole di disastri istituzionali inenarrabili. Fra cui, una riforma costituzionale,
fortunatamente bocciata dagli Italiani, e una nuova legge elettorale, cassata, in parte, ancora una volta, dalla Corte
Costituzionale. In verità la legge detta Italicum, smozzicata e mutilata dai
rilievi dei giudici costituzionali, avrebbe comunque consentito il ritorno alle
urne, ma con una disomogeneità di sistema fra Camera e Senato. Quel Senato la cui
elezione diretta non era più prevista nel
pasticcio costituzionale ordito da Renzi e dalla Boschi e rigettato dal popolo italiano .
Dunque fare la legge elettorale. Ma dal momento che la finalità di assicurare rappresentanza, così come previsto dalla Costituzione, non è stata mai minimamente perseguita
dalle forze politiche, le quali avevano in mente dispositivi atti solo a
favorire la propria parte, non si è mai cavato un ragno dal buco almeno fino a qualche giorno fa. Quando la
necessità del voto anticipato è
diventata interesse comune ai maggiori schieramenti, Pd, Movimento 5 Stelle,
Forza Italia.
Un voto anticipato non utile
a rimuovere un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, ma a
perseguire determinati interessi di bottega. Renzi, una volta tornato al timone
del suo partito, non vede l’ora di prendersi la rivincita rispetto alla debacle
referendaria, ma soprattutto vuole evitare che il suo governo s’intesti una
legge di bilancio lacrime e sangue, elettoralmente mortale nel caso si
arrivasse a fine legislatura con voto a febbraio 2018. Il M5S scalpita da
sempre per una consultazione anticipata, indipendentemente dal tipo di legge
elettorale che ne determinerà le regole. I Forzisti, alla luce dei consensi non
più rilevanti, verrebbero tagliati fuori dai giochi nel caso si rinnovasse la
stagione maggioritaria. Una riedizione del patto del Nazareno, in base al
quale l’adozione del proporzionale, agognato da Forza Italia, si otterrebbe in cambio del via libera al voto anticipato voluto da Renzi, è stato il grimaldello che ha sbloccato lo stallo.
In definitiva, si
sta arrivando, anche se con molto ritardo, alla concretizzazione della sentenza 1/2014
della Corte Costituzionale, seppur con
motivazioni che non hanno nulla da spartire con pratiche di correttezza istituzionale. Inoltre l’adozione
di un sistema proporzionale dovrebbe soddisfare chi come noi, del comitato per la democrazia costituzionale, ha sempre individuato questo sistema come il
migliore per garantire la rappresentanza.
Si è quindi scelto il modello elettorale tedesco per dare
corso a questo nuovo afflato proporzionale. Ma siamo sicuri che sia così
efficace nell’assicurare la corrispondenza fra il risultato elettorale e l’assegnazione
dei seggi, soprattutto in presenza di una soglia di sbarramento al 5% che
escluderebbe le piccole formazioni pure rappresentanti di una parte di
elettorato? E soprattutto siamo sicuri che l’applicazione del modello tedesco in
Italia non crei pasticci?
La legge
elettorale teutonica prevede l’elezione di metà del Parlamento con un sistema maggioritario attraverso collegi uninominali, e l’altra metà con una contesa proporzionale cui concorrono liste bloccate. L’elettore
vota per il candidato nel collegio uninominale e per una lista inscritta nella parte proporzionale. Di fatto saremmo
all’ennesima riproposizione di un Parlamento composto da nominati.
Comunque la combinazione fra parlamentari eletti con il
maggioritario uninominale e quelli eletti con il proporzionale deve
rispecchiare esattamente i risultati espressi, in percentuale, dai cittadine nelle urne. Dal momento che tutti gli eletti nel maggioritario devono
entrare in Parlamento, potrebbe verificarsi il caso in cui un partito, a
seguito di un particolare successo ottenuto nei collegi uninominali, possa presentare
un numero di parlamentari (fra quelli usciti dal maggioritario e quelli
ottenuti con il proporzionale) superiore alla effettiva quota di
rappresentanza sancita dal voto. In questo caso gli altri partiti, potranno
ottenere un numero di eletti in più , tali
da ristabilire le esatte quote proporzionali sancite dal risultato
elettorale. Il numero dei Parlamentari infatti, nel Bundestag è variabile.
In Italia, invece, il numero di deputati e
senatori è fisso. Dunque come ovviare a questo piccolo problema? Privilegiare la parte uninominale prevedendo l’ingresso
in Parlamento di tutti gli eletti nei collegi, sacrificando la quota di eletti nel proporzionale, come preferirebbe il Pd?
Oppure rendere preminente la parte proporzionale escludendo quindi una parte di eletti nei collegi uninominali come
vorrebbero Forza Italia e Movimento 5
Stelle ai quali piacerebbe anche un premio di governabilità?
La faccenda, come
si vede è lungi dall’essere risolta.
Eppure il referendum del 4 dicembre ha
espresso una verità semplice e fragorosa. I cittadini italiani,sono stufi di
questi giochetti e vogliono esercitare, a
pieno, il loro diritto di concorrere alla vita politica del Paese. Il referendum
del 4 dicembre ha inoltre svelato come gli stessi cittadini non tollerino più
un coinvolgimento elettorale finalizzato alla sola ratifica di decisioni prese sulle loro teste da consorterie e comitati elettorali.
Dove sta scritto che una legge elettorale
debba assicurare rappresentanza e governabilità? La governabilità deriva
direttamente dal senso di responsabilità degli eletti, e non da artifici che modifichino la corrispondenza numerica fra
risultato delle urne e numero di seggi. Continuiamo dunque a spingere per una
legge elettorale proporzionale pura, senza sbarramenti di sorta. E’ necessario altresì battersi per ripristinare un finanziamento
pubblico dei partiti uguale per tutti, in modo da assicurare che i
consensi si acquisiscano esclusivamente per la bontà dei programmi, delle idee,
e non per sovraesposizione mediatica o attraverso costose campagne di marketing
elettorale.
Insomma il referendum del 4
dicembre ha detto che siamo stufi di sorbirci la democrazia del più forte. La democrazia è comunque assente in un sistema in cui a dettare legge è
sempre il più potente.
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