Gertrude "Ma" Rainey" |
Lady Sings the Blues. Viene subito in mente il disco
di Billy Holiday pubblicato dalla Clef Record nel 1956. In realtà Lady Day non ha cantato molti blues , si
ricordano solo tre brani del genere da lei interpretati.
E’ innegabile però come l’icona del blues sia donna e nera. La caratteristica creativa unica del
blues è la facilità di connessione emotiva fra chi canta e chi ascolta. Dunque
i profondi travagli del popolo nero, comprendenti tutti gli aspetti di una vita gravata
dal peso della schiavitù e della segregazione, grazie al blues, passavano di
ghetto in ghetto, creando una formidabile dinamica di condivisione e consapevolezza del
proprio stato di oppressione. Condizione
che travalicò la precarietà sociale dei neri, per abbracciare gli oppressi di tutte
le razze.
Una condivisione non già portatrice
di inutili lamenti, ma generatrice di sentimenti di rivalsa, quando non di vera
e propria ribellione. La durezza della vita della piantagione, del ghetto, delle periferie derelitte, emergeva compiutamente anche attraverso il canto dei sentimenti più intimi, compresi risvolti sentimentali spesso debordanti in
vero e propria narrazione erotica.
Nell’ottica del borghese bianco americano,
il blues era una sorta di espressione esotica, volgare magari, ma affascinante.
Si andava nei locali di Harlem a sentire quegli starni essere scuri , che mugolavano le loro lamentazioni, e
quando a cantare era una ragazza nera
avvenente, pulsioni pornografiche
prendevano il sopravvento sull’esotismo. Ecco perché la donna nera che
canta il blues è diventata un idolo epico. Una donna nera che cantava il blues
doveva essere per forza, nell’immaginario del borghese maschio bianco, una puttana e su di essa si concentravano gli sprezzanti strali di una
categoria atavicamente maschilista, razzista
e vigliaccamente voyuerista .
Ma questo
è solo uno dei motivi, il più degradane, per cui il blues è declinato al femminile.
Infatti l’espressività del canto
di una donna, è sicuramente più efficace, rispetto ad un
cantante uomo, nell’ esprimere certe contorsioni emotive, e anche più cruda nel lanciare l’invettiva verso
chi si sente superiore, per razza, censo e genere.
Chi erano dunque le donne del blues che agli
inizi diffusero questa musica molto più degli uomini? Partiamo dalla mamma di
tutte le cantanti. Gertrude “Ma” Rainey . Una veterana degli spettacoli di
cabaret itineranti nell’America dei primi del ‘900 del secolo scorso. Gertrude cantava in una compagnia itinerante messa insieme con il marito, i Rabbit
for Ministrels. Il repertorio era tratto dal patrimonio nero del sud, canti
da circo o tradizionali, ballate, ma
soprattutto blues accompagnati con il banjo.
“Ma” Rainey, in possesso di una
voce possente, non affidava mai all’immaginazione il significato delle sue
liriche blues, sapeva toccare il cuore con storie malinconiche ma anche
passionali. Quando i Rabbit for Ministrels,
1910 giunsero a Chattanooga in Tenesse, nel corso di un’esibizione all’Ivory Theatre s’imbatterono
in una ragazzina di nove anni in possesso di una voce particolarissima. Si trattava di Elisabeth (detta “Bessie”)
Smith.
La bambina era nata da una famiglia poverissima, e a 9 anni
cercava di guadagnare qualche soldo esibendosi all’Ivory. “Ma” Rainey,
giovanissima anche lei, aveva solo 22 anni, scritturò immediatamente la piccola Bessie
come cantante bambina. Iniziò così la turbolenta carriera di
colei che sarà definita l’imperatrice del blues. Bessie si esibì dapprima con il pianista
Clarence Williams e poi via via con musicisti sempre più famosi fra cui Louis Armstrong e Fletcher Henderson.
Considerata però “volgare” , agli inizi ebbe difficoltà a realizzare le prime incisioni. Ma quando fu ingaggiata
dalla “Columbia” grazie al fiuto del discografico Frank Walker, con i suoi
utili di vendita, riuscì a raddrizzare la grave crisi economica della casa discografica, giunta sull’orlo
del fallimento.
A poco più di vent’anni
era un’artista dal successo straripante, poteva chiedere millecinquecento
dollari per ogni esibizione, mentre solo
dieci anni prima era una ragazza prodigio che ballava e cantava in uno
spettacolo di Ministrels per un dollaro al giorno. Brani come: Back
Water Blues, Rainey Weather Blues, Cemetery Blues, fra gli altri, diventarono classici del genere.
Bessie Smith |
Scrive Paul Oliver nella sua storia del blues: “Con tutta
probabilità Bessie non sarebbe stata una
così grande cantante se non avesse avuto
una via tanto drammatica e amara”. Dal denaro infatti essa non trasse la
felicità. Dilapidava fortune in stravaganze e gin. La curva calante della sua
carriera non tardò ad arrivare e con
essa avrebbero avuto vita registrazioni come
“Empty Bed Blues” il blues del letto
vuoto, che all’epoca si poteva considerare indirizzato ad un mercato oggi probabilmente definito pornografico.
Cinque mesi dopo incise “Poor Man Blues”
il blues del poveruomo. Un brano
inserito a tutti gli effetti nel filone
della critica alla società del tempo . La depressione ormai alle porte della nazione nordamericana
contribuì a spingere Bessie sulla strada del declino . Il critico Carl Van Vetchen avrebbe detto di lei: “ .... una donna che
apre il suo cuore con il coltello fino a metterlo in mostra perché noi tutti lo
vedessimo…”
Mamie Smith |
Un’altra grande ambasciatrice del blues fu Mamie Smith, cantante e ballerina di vaudeville. Nel 1920
fu la prima artista ad incidere brani di blues, Crazy Blues e It’s Right Here
for You, registrati per la Okeh. Il disco riuscì a vendere oltre un milione
di copie in meno di un anno, diventando così un formidabile veicolo di diffusione del blues in tutta l’America.
Molte altre grandi interpreti donne, fra
le quali ricordiamo Ida Cox, Clara
Smith, Victoria Spivak, SophieTucker, contribuirono
ad una imponente diffusione del blues tanto che, non ce ne vogliano i vari
Muddy Watrs, o Big Bill Broonzy, è corretto rilevare come senza ombra di dubbio
il blues sia donna. Una forma musicale tipicamente matriarcale
e anche per questo rivoluzionaria.
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