Mentre a Cassino la Fca manda a casa 530 lavoratori precari , mentre
a Pomigliano la catena della nuova Panda
andrà in dismissione perché la
produzione dell’utilitaria verrà trasferita in Polonia, il tagliatore di teste,
manager illuminato Marchionne, osannato dal Pd di Renzi , si mette in saccoccia qualcosa come 43 milioni
di euro.
La maxi cedola , staccata a suo favore il 27 ottobre scorso, lo
premia non per i risultati ottenuti sulla vendita delle vetture, ma perché il
controvalore dei pacchetti azionari di Fiat, Ferrari, Cnh, supera il mezzo
miliardo di euro, e i tre gruppi oggi, dopo la cura Marchionne, valgono in borsa circa 60 miliardi. Se
da un lato tale operazione rende ricchissimi gli azionisti, dall’altro alimenta
una macelleria sociale senza precedenti.
Dopo i proclami sulle vetture Alfa
prodotte a Piedimonte San Germano come modelli che avrebbero dovuto imporre in modo determinante il Made in Italy nel
mercato delle vetture di lusso, dopo il
rilancio promesso a Pomigliano grazie alla produzione della nuova Panda, oggi
ci ritroviamo con 530 lavoratori precari di Cassino che vengono lasciati al loro destino e, considerato
il pianificato trasferimento della produzione Panda dallo
stabilimento campano in Polonia , non
sarà roseo neanche il futuro degli operai della
fabbrica vesuviana.
Inoltre la ricompensa milionaria dell’ad in maglioncino scaturisce anche dalla sua intuizione
di trasferire la ragione sociale di Fca in paradisi fiscali, tanto che il Made
in Italy all’Italy frutta ben poco. Del resto non c’è da stupirsi, i dividendi
azionari aumentano sempre quando i lavoratori vengono licenziati, umiliati, e
quando la Compagnia riesce a risparmiare in modo significativo sulle tasse . E’ il liberismo bellezza! E’ la religione assoluta del profitto
finanziario!
Personalmente ritengo che uno capace di intascare 43 milioni di euro dopo aver gettato nella disperazione 530 famiglie
e dopo aver decretato la fine certa di un’intera attività produttiva con
il disastro sociale che ne consegue, andrebbe
condannato per crimini contro l’umanità.
Stesso destino dovrebbe toccare ai
masnadieri di Acelor Mittal che nell’acquisire gli asset dell’Ilva pretendono
di finanziare la copertura dei parchi minerali, cioè la bonifica dei siti più inquinanti dello stabilimento di
Taranto, licenziando tremila operai, oltre a gettare sul lastrico altri 600
addetti nello stabilimento di Genova dove
è in corso un’occupazione di protesta organizzata dalla Fiom (era ora).
Lo sciopero
generale di domani indetto da Usb, Cobas, Unicobas, è sacrosanto, non solo per riproporre
con forza il conflitto sociale su questi
temi ,ma anche per combattere lo scempio
dell’aumento dell’età pensionabile , riferito all’allungamento delle
aspettative di vita. Già ma che tipo di vita si allunga? Quella che si trascina in
balia delle malattie e degli stenti dovuti all’impossibilità di accedere
gratuitamente al servizio sanitario nazionale?
Irritante in questi senso è l’atteggiamento dei sindacati concertativi
che stanno li a contrattare con un governo filo padronale un rinvio dell’applicazione della legge
Fornero senza pretenderne un blocco, e andare oltre.
Proporre cioè il finanziamento della previdenza sociale che
superi la copertura economica derivante
dal lavoro, e si estenda alla fiscalità generale. Risorse che possono essere
reperite da una significativa diminuzione delle spese militari, dall’alienazione
di costose ed inutili grandi opere, vedi la Tav, da una tassazione delle rendite finanziarie e
dei grandi patrimoni.
Domani e
dopodomani ci sarà uno sciopero e un manifestazione
contro tutto ciò. Dei sedicenti
promotori di una lista unica a sinistra del Pd, quanti saranno in piazza ad
appoggiare queste lotte? Perché non so se è chiaro, ma per recuperare i voti di
chi, da sinistra, fino ad oggi si è
astenuto, è necessario dire parole
chiare su queste questioni, senza scorciatoie alchemiche e fuorvianti su
leadership e strategie elettoralistiche.
Ci aspettiamo che la Falcone scenda in piazza l’11 novembre insieme a
Montantari o che Fassina e Bersani si uniscano agli operai in occupazione
permanente alla Ilva di Genova. Se i propositi sulla lotta alle diseguaglianze
e sul rispetto della Costituzione non vengono accompagnati da fatti concreti,
nessun recupero dell’astensione sarà possibile.
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