Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 26 novembre 2010

Now he beats the drum; now he stops

di Luciano Granieri





Seconda  parte del concerto “Now he sings now he sobs”,   la prima parte       è stata pubblicata   su Aut il 29 ottobre scorso. Torniamo dunque al mitico locale del Village il Blue Note degno teatro di questo straordinario concerto. Chick Corea - pianoforte, Miroslav Vitous - contrabasso e Roy Haynes  - batteria furono i protagonisti di uno dei più bei dischi mai incisi nella storia del jazz. Si era nel 1968 e i tre registrarono   per la Solid State l’album Now he sings  now he sobs. Gli stessi musicisti più entusiasti che mai li ritroviamo al Blue Note nel 2005 a riproporre la loro performance ancora più entusiasmante della session da studio eseguita 37 anni prima. I brani che proponiamo sono Matrix, un pezzo di Corea che faceva parte dell’album  inciso nel 68’ e Straight no Chaser di Thelonius Monk. Già ancora Monk. Anche nella prima parte il trio Now he sings now he sobs  si era cimentato con un altro classico monkiano Rythm a Ning. L’esecuzione dei due brani da parte di Corea, Vitous e Haynes è molto diversa. A un “Matrix” dalle improvvisazioni algide tipicamente cool, corrisponde un Straight no Chaser con sortite solistiche di fuoco,  un interpretazione di Monk tipicamente Bop, una rilettura sicuramente lontana dalla personalità e dallo stile compassato del pianista della North Carolina, che pure dal Bop aveva tratto linfa creativa vitale per poi evolvere in uno stile personale meno esuberante. Il titolo del post Now he beats the drum; now he stops” che è l’ultima frase della poesia  che Corea scrive sulla copertina del disco, non è casuale. Infatti in entrambi i brani Roy Haynes è straripante.  In  Matrix Mirolas Vitous apre  con alcune misure in  assolo dove accenna appena la proposizione del tema che viene eseguito successivamente da tutto il trio. Parte Corea con una improvvisazione che si snoda su brevi arpeggi, taglienti, freddi, nelle pause si inserisce Haynes velocissimo e leggero sul rullante è incredibile la capacità propulsiva della sua mano sinistra. L’assolo di Vituos è sontuoso, tecnicamente incredibile, velocità, figure armoniche originali, rendono il linguaggio di questo musicista veramente unico. Nell’ultima parte del brano Corea e Haynes offrono una improvvisazione combinata veramente originale. Il fraseggio di Corea si fa più incalzante senza pause, gli arpeggi si susseguono, si inseguono, mentre Haynes incastra nell’esecuzione del pianista delle sequenze ritmiche ottenute suonando sul bordo del rullante e dei tom. Una combinazione assolutamente straordinaria che mostra come Haynes sia uno dei pochi batteristi   assieme a Jack De Johnette che riesce a far emergere  la propria personalità  in una condizione armonico ritmica  particolare come quella determinata dal trio  Piano, Contrabbasso Batteria, senza comprometterne l’equilibrio sonoro.

Straight no Chaser, il brano che conclude il concerto è al contrario di “Matrix” meno distaccato, è fuoco improvvisativo allo stato puro. L’improvvisazione di Corea è pirotecnica, coinvolgente, al pianista di Chelsea,  Massachusetts risponde Vitous, velocissimo, propulsivo e trascinante nel suo assolo, ma la vera chicca del brano sono le misure alternate con  cui Corea e Hynes dialogano fra di loro,  entrano in una specie di trans improvvisativa, le figure armonico ritmiche che riescono a tirare fuori dai rispettivi strumenti sono di valore assoluto. Il tutto per delle esecuzioni eccellenti, veramente grande grande jazz.
Buona visione.






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