Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 23 ottobre 2012

"Pronti all'accordo con il Pd"

 fonte: http://ilmegafonoquotidiano.globalist.it

Oliviero Diliberto segna la rotta per il suo partito e mette un cuneo nella Federazione della Sinistra: "Bersani ci sta provando, impossibile non riconoscerlo. Alle primarie sosteniamo Vendola"


Sul sito Oltremedia, una lunga intervista a Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, rilancia l'alleanza con il Pd, si fida di Bersani e annuncia che voterà Vendola alle primarie. Obiettivo, il ritorno in Parlamento. Alcuni stralci dell'intervista:


La tecnocrazia vuole cancellare la politica sostituendosi ad essa. Per questo i poteri forti soffiano sul vento dell’antipolitica. Il neoliberismo - che già da tempo ha sconfinato a sinistra - vorrebbe ora andare oltre, farsi potere costituente, divenire quadro regolatore dell’amministrazione della cosa pubblica, fuori dal quale è impossibile operare.
Sarebbe la fine della politica, ovvero della possibilità di fare scelte di governo.
(...)
Sono cose enormi. Questa non è solo la fine della politica, è anche la fine della democrazia rappresentativa per come ce l’ha consegnata il ‘900. Se nell’agone politico irrompono le forze del lavoro, organizzate in partiti di massa (e con alle spalle una grande potenza internazionale, come era l’Unione Sovietica), i poteri forti sono costretti, in qualche modo, a farci i conti. In Europa occidentale questo è successo nella seconda metà del ‘900. Le classi dominanti dovettero scendere a patti con il movimento operaio, facendo molte concessioni: lo stato sociale, legislazioni per i lavoratori, diritti sociali e civili.
Cancellare la politica significa, dunque, cancellare il conflitto tra capitale e lavoro così come si è potuto sviluppare nell’ambito della democrazia rappresentativa. L’obiettivo finale della tecnica neoliberista è, dunque, la stessa democrazia rappresentativa. Per cancellare con essa tutte le conquiste del movimento operaio novecentesco. Uno scenario esiziale: la posta in gioco è davvero storica!

Quindi, Monti dopo Monti contro Bersani?
C’è un lavorio, un affanno, un impegno risoluto di mezzo paese per impedire al centro-sinistra di governare. La posta in gioco è ancora una volta quella di impedire che il centro-sinistra vinca approfittando della crisi delle destre. Una situazione molto diversa da quella di una normale alternanza tra centrodestra e centrosinistra. Perché in una fase di scomposizione e ricomposizione del quadro politico come quella odierna si definiscono gli scenari e gli equilibri per i decenni successivi.
(...)

Però il Pd il governo Monti lo sostiene, ha votato le peggiori nefandezze della Fornero contro il lavoro e le manovre di austerity che stanno massacrando il paese.

Il Partito Democratico ha, infatti, a mio modo di vedere, compiuto errori drammatici: ma saremmo ipocriti se non aggiungessimo che il Pd ha largamente subito la scelta iniziale del governo Monti e poi le sue nefaste politiche, schiacciato tra il Quirinale e Palazzo Chigi.

È questa la cifra della politica del Pd a sostegno di Monti.
Ciò ha significato, per il Pd, anche votare quelle leggi. Non giustifico, cerco di capire senza schematismi o paraocchi. La domanda, semplice e chiara, è: poiché il Pd ha votato quelle leggi, non si potrà dialogare con esso, per il futuro?
Se si accettasse questa tesi, saremmo di fronte ad un estremismo che definire infantile sarebbe un complimento.
Denunciare gli errori di una forza politica non significa anche rinunciare a fare politica, rinchiudendosi in un recinto isolato, senza dialogare con il più grande partito che organizza vasti strati del popolo della sinistra italiana. Bisogna guardare al Pd chiedendosi cosa vorrà fare dopo e chiedendo al Pd cosa ne pensa sulle questioni concrete: lavoro, scuola e, più in generale, sulla rottura col neoliberismo.

Il Pd ha diversi orientamenti, ma la scelta di Bersani qual è?
Bersani, oggettivamente, ha ridato un segno laburista e socialdemocratico al Pd. Almeno nelle sue intenzioni per il futuro. Vuol provare ad archiviare la fase del governo Monti e con esso la stagione fallita del neoliberismo. Cerca di accantonare le fascinazioni clintoniane e blairiane delle terze vie che tanto hanno pesato sulla sinistra italiana. Non a caso la carta d’intenti – nell’ultima versione licenziata da Bersani, Vendola e Nencini – non contiene più il riferimento a Monti che, invece, c’era nella prima versione del Pd.

Non rischiano di essere buone intenzioni destinate però a non realizzarsi?
Stanno cercando di fermare Bersani in tutti i modi: gli hanno scatenato contro i grillini da una parte e Renzi dall’altra. Gli industriali, il patto di sindacato del Corriere della Sera, il Vaticano, gli Usa e le banche hanno lanciato la loro poderosa offensiva per riorganizzare la destra e impedire alla sinistra di prendere il potere. Bersani, però, ci sta provando.
(...)

Quindi chi sosterrete alle primarie?

Notoriamente lo strumento delle primarie non ci è mai piaciuto. E troverei del tutto normale che il candidato premier lo facesse il leader del partito più grande della coalizione.
Lo scontro, al momento, è tra Bersani e Renzi. Vendola, che ha contezza della posta in gioco, ha evidentemente ritenuto che la sua candidatura possa essere utile a contrastare quella di Renzi, più che a indebolire quella di Bersani – un rischio che io ritengo ci sia.
È chiaro che Vendola si giocherà la sua partita, ma in ballo non c’è più il “big bang”, l’esplosione del Pd per fondere Sel con esso.
La candidatura di Vendola, dunque, potrebbe riaprire la questione dell’unità a sinistra per sostenere le ragioni del lavoro. Se ciò avvenisse, proporrò alla Federazione della Sinistra di sostenere Vendola alle primarie.

La sinistra, dunque, non può restare a guardare.
Da un lato c’è Bersani che vuole cambiare passo e non continuare sul solco tracciato da Monti, dall’altro c’è una destra che fa di tutto per impedirglielo.
Può la sinistra, possono i comunisti italiani, la Federazione della Sinistra, restare indifferenti a tale posta in gioco? Ci è indifferente una partita che, dopo vent’anni di berlusconismo, prova a rimettere in campo il centrosinistra contro una destra ancor più insidiosa che si attrezza per aprire un nuovo ciclo trentennale nel segno del tecnoliberismo? Ci è indifferente seppellire ogni prospettiva socialdemocratica?
Non abbiamo mai creduto alla teoria bertinottiana che centrodestra e centro-sinistra pari fossero. Non lo crediamo neanche oggi. La sinistra dovrebbe fare politica per dare una mano a chi vuol togliere il Pd dalla morsa in cui Monti, la Merkel e la troika l’hanno cacciato. Abbiamo il dovere di provarci. In politica non conta nulla avere ragione. Non serve a niente sentirsi la coscienza a posto per aver rispettato l’ortodossia ideologica. I comunisti, se non vogliono ridursi a un club culturale di reduci, devono fare i conti con la situazione reale, valutare i rapporti di forza e adottare, se necessario, una tattica spregiudicata. I comunisti in Italia hanno sempre fatto così

Quindi pensate di fare un accordo col centro-sinistra?
Si, vogliamo provarci (non è detto si riesca, ma non provarci neppure, pregiudizialmente, sarebbe un enorme errore politico) e lo proporremo alla Federazione della Sinistra, che resta il luogo privilegiato della nostra azione politica. Proveremo con tutte le nostre forze a spiegare, convincere, spostare orientamenti che non condividiamo e che porterebbero la Fds al suicidio politico. Non è con lo “splendido isolamento” che i comunisti e le sinistre risorgeranno in Italia! Intendiamo provarci per riportare i comunisti in Parlamento, per provare a ricostruire percorsi unitari a sinistra, per cercare di impedire alle destre di vincere, per tentare di archiviare il berlusconismo e il montismo con un nuovo centro-sinistra e per provare a delineare un’altra Europa.

Nella Federazione della Sinistra, però, c’è una discussione aperta: Rifondazione è contro l’accordo col Pd, il PdCI, Salvi e Patta, invece, sono a favore. Non rischiate di uccidere la Federazione in questo modo?
La nostra proposta, sin dal Congresso di Salsomaggiore del 2008, è stata quella dell’unità dei comunisti. Nel 2011 l’abbiamo ribadita articolando la proposta dei “tre cerchi”: unità dei comunisti, della sinistra, delle forze democratiche.
Da anni chiediamo a Rifondazione di unire i nostri due partiti, come fatto di buon senso e base di partenza per l’unità più ampia della sinistra. Rifondazione non è mai stata disponibile e la Federazione della Sinistra è il livello di unità possibile, quello che siamo riusciti a realizzare.
Ora nella Federazione sembra non esserci una linea condivisa sulla politica delle alleanze.
Noi rivolgiamo a tutti nella Fds una proposta politica. Avremmo voluto costruire una sinistra unita (come per i referendum). Non ci sta nessuno. Non c’è una sola forza politica che si sia dichiarata disponibile a costruire la sinistra alternativa fuori dal centrosinistra.
Con chi la facciamo l’unità della sinistra alternativa? Sel e Idv non ci stanno. La Fiom non scenderà in campo direttamente. Però non si può sempre e solo dire che la colpa è degli altri. Forse, se avessimo da subito proposto l’unità a sinistra evitando di porre la pregiudiziale contro il Pd, avremmo potuto ottenere ben altri risultati.
La Fds rischia di precipitare in un isolamento mortale. Salvare la Federazione della Sinistra significa toglierla dall’isolamento politico e riportarla in Parlamento. Noi lavoreremo fino all’ultimo per conseguire questo obiettivo.


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