Presidente ANPI - Frosinone
Carissimi compagni ed amici,
Vorrei quest'anno fare uno strappo al mio solito e forse noioso rigore istituzionale, per rivolgermi a tutti gli iscritti ed i simpatizzanti della nostra giovanissima ANPI di Frosinone con un messaggio più diretto. Lo faccio, perché ormai la strada fatta insieme ci consente qualche riflessione sul percorso fin qui realizzato e non più soltanto buoni propositi per l'avvenire.
E' dal 2006 che, come sempre sottolineo, indegnamente ricopro le funzioni di presidente di questo comitato provinciale, e posso dire che non mi aspettavo, pur nella mia visione sacrale della Resistenza e dei partigiani, che questo incarico mi potesse riservare tali straordinarie lezioni di umanità e di crescita politica. Abbiamo iniziato, con pochi e forse un po' romantici antifascisti, a costruire piano piano, pezzetto dopo pezzetto, una rete di conoscenze, di rapporti, di sollecitazioni, a volte perdendo qualche pezzo, più spesso e progressivamente aggregandone di piccoli e grandi.
Abbiamo operato nella più totale disinformazione, ricordo che pochi anni fa per far pronunciare correttamente il nostro acronimo ad una giornalista televisiva che doveva intervistarmi, dovetti scriverglielo, perché non lo aveva mai sentito, mentre oggi, grazie alla diffusione della nostra organizzazione in tutta Italia, ma anche grazie alle moltissime e ripetute iniziative territoriali che abbiamo costruito o a cui abbiamo partecipato in tutta la provincia, possiamo dire di essere presenti non solo nelle celebrazioni, ma nella percezione della società frusinate. Ci cercano, ci chiamano, vogliono il nostro contributo ogni volta che affrontano i temi di nostra competenza, e ci onorano di attenzione in luoghi dove per decenni non si è fatto cenno all'ANPI.
Certo, ancora ci tocca spiegare perché ci chiamiamo Partigiani d'Italia e non Partigiani Italiani, ancora non siamo percepiti, perfino da alcune istituzioni, come associazione non reducistica ma con un ruolo attivo e di promozione politica e culturale, non siamo ancora arrivati ovunque, ma siamo certamente una cosa diversa da qualche anno fa, e possiamo dire di aver posto le premesse per un sempre maggiore radicamento della nostra presenza e della nostra funzione anche in provincia di Frosinone.
Molte scuole visitate, con conferenze sempre partecipate ed attente di centinaia di studenti, di decine di insegnanti; molte occasioni di discussione in tutti i luoghi dove possibile, dalle sedi dei partiti a quelle istituzionali, dalle manifestazioni in piazza alla partecipazione alle battaglie in difesa della Costituzione e della libertà democratica, dalla presentazione di libri a quella di testimonianze vive di chi quei giorni fu costretto a combattere.
Abbiamo partecipato ed offerto il nostro contributo ad iniziative sulla memoria (Shoah e non solo), sul recupero di pagine sconosciute o dimenticate della nostra storia recente, quella vissuta dai nostri padri e che ha lasciato in loro segni profondi e a volte paure terribili, abbiamo scavato nell'emigrazione per capire l'immigrazione, nella lotta per la libertà per comprendere cosa voglia dire solidarietà.
Di questa esperienza straordinaria ho il bisogno di ringraziare tutti coloro che l'hanno resa possibile, tutti voi che avete chiesto di far parte dell'ANPI, che avete riconosciuto in essa una guida, un solco entro il quale camminare per contribuire a costruire una società a misura d'uomo.
Personalmente ho maturato, in questa difficile camminata, e soprattutto per le difficoltà e le battute di arresto incontrate, non certo per i momenti, pur numerosi, di successo e di avanzata, la convinzione, addirittura la sensazione, che tutto questo non sia solo bello e necessario, ma che la società, a volte anche inconsapevolmente, lo attende. Sì, cari compagni ed amici, lo attende, anche se a volte non lo sa. Perché ogni volta che incontro dei ragazzi, e li vedo dapprima distratti e intenti a giocare con il cellulare, poi via via più attenti, fino a partecipare convinti e chiedere cosa possano mai fare loro per questa grande infinita battaglia di civiltà, in sostanza per non morire, mi rendo conto che il messaggio della Resistenza non è affatto vecchio, né certamente superato. Esso parla ai giovani, perché fu realizzato dai giovani, e solo rivolgendolo direttamente ad essi, ed a chi sente sulla propria pelle come brucino i tagli della mancata attivazione dello strumento costituzionale voluto e generato dalla Resistenza, solo portandolo a loro, si produce la consapevolezza della responsabilità di essere cittadini. Naturalmente ciò è possibile parlando dell'oggi, attualizzando il portato valoriale che la Resistenza seppe edificare, non certo facendo noiose ed inutili enunciazioni pseudodotte, magari condite con abbondante retorica.
I giovani, i lavoratori, le parti deboli della società, che non erano nulla, e che con la Liberazione divennero tutto. Questo fa sì che ogni incertezza, ogni momento di fatica, ogni risultato negativo, non sia in grado di farci recedere in nulla di ciò che facciamo. Vogliamo essere antifascisti oggi, non perché vi sia in questo un atteggiamento, un modo di fare "alla moda" o una sorta di distinzione coem di sterilmente malinteso anticonformismo. Noi continuiamo ad essere antifascisti semplicemente perché è giusto, e perché non vogliamo vedere i nostri giovani conquistati ad una concezione bestiale della vita umana.
Per questo, in questo 25 Aprile, sono grato a voi ed a tutti quelli che ho incontrato in questi duri, bellissimi, anni di gioventù che mi avete regalato.
Abbiamo ancora molta strada da fare, e quella che verrà dopo la faranno i nostri figli ed i figli loro, ma noi dobbiamo offrirgliela, questa strada, senza alcuna scorciatoia.
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