Dario Azzellini
In Francia ci sono due casi di fabbriche recuperate occupate dai lavoratori nel corso della crisi attuale. Una è la fabbrica di gelati Pilpa, che ha appena avviato la produzione di gelati e yogurt biologici come società di proprietà dei lavoratori e gestita da essi dopo una lunga lotta. L’altra è la produttrice di tè Fralib. Entrambe erano state chiuse dalle loro gigantesche proprietarie multinazionali per delocalizzare la produzione.
La Fralib è un impianto di lavorazione e confezionamento di tè aromatizzati e alla frutta a Gémenos, presso Marsiglia, nella Francia meridionale. L’impianto produceva il tè venduto con il famoso marchio Thè Eléphant, creato 120 vent’anni fa, e il tè Lipton. Nel settembre del 2010 il gigante alimentare transnazionale olandese-britannico Unilever, proprietario della Lipton, ha deciso di chiudere l’impianto in Francia e di trasferire la produzione in Polonia. I lavoratori hanno reagito immediatamente occupando la fabbrica e avviando una campagna di boicottaggio contro la Unilever.
Il sindacato Confédération Générale du Travail (CGT), già vicino al Partito Comunista, appoggia i lavoratori della Fralib. “La lotta alla Fralib è iniziata il 28 settembre 2010. Nel 2010 avevamo 182 lavoratori. Oggi siamo in 76 e continuiamo a lottare”, commenta Gérard Cazorla, meccanico e segretario sindacale alla Fralib.
I dipendenti vogliono riavviare la produzione nella fabbrica sotto il controllo dei lavoratori e conservare il marchio Thé Eléphant, reclamandolo come patrimonio culturale regionale. Vogliono passare alla produzione di tè biologico d’erbe, principalmente tè di tiglio, contando sulla produzione regionale. Come nella maggior parte degli altri casi, la lotta autogestita dei lavoratori della Fralib ha tre pilastri: il progetto produttivo; le proteste pubbliche e la costruzione di una campagna di solidarietà; la lotta legale contro l’Unilever.
“Abbiamo una produzione militante per rendere nota la nostra lotta e per appoggiare la campagna di solidarietà. Abbiamo attraversato un lungo periodo senza reddito e dovevamo sopravvivere. Quella che ci ha consentito di tirare avanti per tutto quel tempo è stata la solidarietà. Penso sia importante rendere nota la nostra lotta in Francia, in Europa e nel mondo, e la nostra produzione ci aiuta. Mentre la nostra produzione precedente era – diciamo – tè industriale, oggi produciamo tè biologico di tiglio. In tal modo abbiamo mostrato che i nostri macchinari sono in funzione e che sappiamo come far andare avanti questa fabbrica. Ciò è importante perché la gente possa vedere che la Fralib è in grado di lavorare senza padroni e senza l’Unilever”.
Il 31 gennaio e il 1 febbraio 2014 la Fralib ha ospitato il primo Incontro Europeo dell’”Economia dei Lavoratori”. All’incontro hanno partecipato più di 200 ricercatori, sostenitori e lavoratori di cinque fabbriche europee sotto controllo operaio, ispirati e direttamente collegati all’”Economia dei Lavoratori”, che ha luogo ogni due anni e che ha avuto il suo terzo congresso in Brasile nel 2013.
A Marsiglia hanno partecipato anche ricercatori dall’Argentina, Messico e Brasile, così come un lavoratore della fabbrica tessile argentina Pigüé. Per festeggiare l’incontro e con simpatia per il movimento argentino delle fabbriche recuperate, i lavoratori della Fralib hanno prodotto scatole per il tè di mate argentino. Questo non è l’unico collegamento dei lavoratori della Fralib con l’America Latina. Le occupazioni di fabbriche in Argentina, così dicono, sono state la fonte d’ispirazione. In una canzone e un video prodotti dai lavoratori per sostenere la loro lotta, i lavoratori si autodefiniscono i “Fralibos”.
I lavoratori della Fralib sono decisi a continuare la loro lotta per una fabbrica controllata dai lavoratori. Possono contare sulla solidarietà di molti movimenti e lavoratori cui si sono rivolti negli scorsi anni di campagna. I lavoratori hanno ottenuto che le procedure di chiusura e i piani sociali siano stati più volte revocati per ordinanza giudiziaria. La Fralib è stata chiusa ufficialmente nel settembre del 2012. A marzo 2013 l’Unilever ha smesso di pagare i salari, nonostante una sentenza che stabiliva che l’Unilever dovesse continuare a pagarli.
A settembre 2013 la Comunità Urbana di Marseille Provence Mètropol ha acquistato il terreno su cui è costruita la fabbrica per 5,3 milioni di euro e ha pagato un euro simbolico per i macchinari, al fine di sostenere gli sforzi dei lavoratori. I lavoratori sanno che questo non è sufficiente per riavviare la produzione e proseguono la loro lotta, come spiega Cazorla:
“A gennaio 2014 il piano sociale dell’Unilever è stato revocato per la terza volta dal tribunale. Oggi stiamo discutendo con gli amministratori dell’Unilever mentre costruiamo il nostro progetto. Abbiamo bisogno dei diritti sul marchio, di capitale per acquistare materia prima e della capacità di vendere i nostri prodotti, altrimenti non saremo in grado di pagare i 76 lavoratori. Vogliamo quei soldi dall’Unilever come risarcimento per averci licenziato”.
Nessun commento:
Posta un commento