A distanza di un anno e mezzo dal Decreto del Ministero dell’Ambiente 11 gennaio 2013, che “declassava” 18 Siti di Interesse Nazionale (SIN), tra cui il “Bacino del Fiume Sacco”, possiamo dire con grande soddisfazione che il TAR del Lazio conferma quanto ci era sembrato immediatamente evidente: il Decreto è incoerente con la normativa pregressa e il declassamento poggia su presupposti giuridici, oltre che fattuali, insostenibili.
Il ricorso n. 5277 presentato dalla Regione Lazio, cui sono intervenuti ad adiuvandum, per la parte relativa al SIN “Bacino del Fiume Sacco”, la Rete per la Tutela della Valle del Sacco e il sig. Giuseppe Faustini, ha consentito l’annullamento da parte del TAR della parte del Decreto riguardante il SIN in oggetto.
Ad essere reintegrato come SIN è dunque l’intero bacino imbrifero del fiume Sacco, che comprende non solo l’area emergenziale in ragione della contaminazione da beta-HCH, ma appunto l’intero bacino imbrifero, che si estende nelle Province di Frosinone e Roma, e in minima parte di Latina.
La nostra soddisfazione per il debito reintegro della Valle del Sacco non può esimerci dall’osservare che si ripropone ora il problema della gestione di un SIN così esteso: saprà il Ministero dell’Ambiente, autore a giudizio del TAR di un atto giuridico «erroneo in radice», andare oltre a quanto poco prodotto in passato? Solo se la Regione Lazio, i sindaci del comprensorio, le associazioni ambientaliste e i cittadini che tanto si sono impegnati per la loro Valle parteciperanno al processo e si coordineranno in termini paritetici e fondati sul principio di sussidiarietà, la rinnovata gestione ministeriale potrà, in un’ottica di intervento anche europeo, produrre i frutti sperati.
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