La Palestina occupata è la testimonianza viva delle ripetute violazioni delle leggi internazionali e dei diritti umani. È il simbolo del fallimento della comunità internazionale e della sua impotenza ad attuare le proprie risoluzioni e promesse.
La questione palestinese non è una questione degli arabi e tantomeno dei musulmani, essa è la questione dell’umanità, impotente nel trovare una soluzione giusta e globale ormai da più di 66 anni, cioè da quando la comunità internazionale ha tollerato lo stupro di quella terra e la cacciata dei suoi nativi. Da quella data il popolo palestinese non conosce pace, e non la conoscerà finché non saranno riconsiderati i suoi inalienabili diritti. Non importa quanto a lungo dovrà aspettare.
Quello che sta vivendo Gaza in questi giorni di crimini contro l’umanità è divenuto, purtroppo, normalità; crimini che colpiscono soprattutto i giovani in tenera età, perché essi costituiscono fonte di preoccupazione costante e permanente per l’occupante usurpatore; crimini commessi nella distruzione sistematica dei beni di prima necessità per la vita, come i terreni agricoli; l’embargo/assedio imposto illegalmente, come l’occupazione stessa, sono punizioni collettive che puntano al genocidio di massa.
Massacri che si ripetono, e che, ogni volta, saranno più violenti e più criminali di prima. I palestinesi a parole minacciano vendetta; con loro gli arabi e la parte più cosciente del mondo occidentale riprendono i discorsi di condanna e solidarietà, a parole. E poi gli sforzi per una tregua riescono a calmare gli animi e a scrollare di dosso la polvere della distruzione, però senza la possibilità di recuperare le perdite, soprattutto quelle umane. E gli scenari si ripetono sotto forma di terrificanti incubi.
Davanti all’indifferenza mondiale e alla stanchezza degli arabi, i palestinesi non si sono stancati di pretendere, e non rinunciano a reclamare, i propri diritti stuprati, sia a Gaza assediata sia nella Cisgiordania circondata e assediata dagli insediamenti e dai coloni, sia nei territori occupati nel 1948, dove gli abitanti originari/nativi vivono come minoranza con pochi diritti, sia nella diaspora, dove la condizione mortale di profughi non cancella l'aspettativa del ritorno.
Dunque la Palestina è un modello di illegalità, anzi, un modello del destino di chi subisce la legge vigente dello stupro, e la non attuazione del diritto all’autodeterminazione. Non importa se questo è il risultato di una occupazione, o del potere che porta a uccidere, distruggere e sfollare popolazioni intere, o di un stupro dei diritti, che tappa le bocche per impedire alla gente di difendere i propri diritti. Comunque rimane una violazione del diritto, e come ogni violazione non avrà altro esito che il fallimento.
La compiacenza, anche una sola volta, con lo stupro della legge, porterà a un meccanico ripetersi di stupri e indulgenze.
Per questo siamo con la Palestina, perché siamo con il diritto, e per ripristinarlo; in secondo luogo, siamo con noi stessi perché i nostri diritti sono stati usurpati, e sarà vano che ci sforziamo di costruire la pace nella regione e raggiungere la sicurezza per i suoi popoli, se non viene riconosciuto il diritto ai proprietari in Palestina, o fuori della Palestina, e ovunque.
Palestina, sei un modello nella tua tragedia e nel tuo eroismo, nella resistenza dei tuoi figli; tu sei la prova per una soluzione tanto sognata, anche se sembra troppo lontana.
Scusaci, Palestina, per la nostra temporanea inadeguatezza e impotenza. Scusaci, ma, stanne certa, il tuo popolo non ti abbandonerà e anche da questa tragedia ritroverà nuova linfa per la lotta fino alla vittoria, finché la tua terra non sarà libera e palestinese.
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